“In un atteggiamento di silenzio l’anima trova il percorso in una luce più chiara, e ciò che è sfuggente e ingannevole si risolve in un cristallo di chiarezza” (Gandhi).
Il Genoa, se non troverà a suo modo un percorso simile dopo i risultati della domenica e non risolverà i problemi anche se non in uno cristallo, dovrà farsi un esame collettivo non solo di coscienza ma anche calcistico, societario, che si allarghi a spogliatoio e staff tecnico.
La strada è una sola: allenarsi ed entrare in campo anche durante gli allenamenti con il solo obiettivo di fare gol.
Può succedere con altro atteggiamento strategico, anche se non tattico, e la miccia potrebbe essere l’orgoglio visto nel primo tempo contro la Samp. A seguire occorreva più convinzione da parte dei protagonisti in campo e di quelli subentrati dalla panchina.
Giocare sempre dietro la linea del pallone con l’unico scopo non subire porta magri risultati e riflessi psicologici non adeguati.
In casa rossoblu la paura di perdere per colpa di un errore è sempre in agguato. E’ arrivata puntualmente come in altre gare anche nel derby buttando giù il Castello di fatica e di idee preparato in settimana.
Tralasciando i numeri dei moduli, ci sono tanti modi per difendersi e non soccombere come è successo nel derby, ma per farlo non bisogna lasciare i tempi e gli spazi agli avversari. Quando tutto ciò succede perché vengono a mancare le risorse, allora in quel caso è giusto chiudersi a catenaccio e soffrire per portare in porto il risultato.
Mandorlini nel primo tempo è stato bravo a non far usare i migliori soldati a Giampaolo e ha vinto la battaglia dei primi 45’, dopo però ha perso la guerra. E non l’ha persa soltanto per l’errore di Ntcham, ma per una conseguenza dei primi 20 minuti di gioco che hanno visto i rossoblu scollati, incerti, timorosi. Poco da dire poi sugli ultimi 25’ che avevano poco da spartire con la strategia tattica.
Ma cosa è successo oltre il calo fisico? Molti tra gli addetti ai lavori, intervistati nell’intervallo, nutrivano un’unica perplessità, la tenuta fisica, non tanto per una cattiva condizione atletica ma per le troppe energie profuse. Del resto, prima il Genoa di Juric e poi quello di Mandorlini stanno dimostrando che quando si è molli si combina poco.
La squadra anche nel girone di andata non ha mai avuto eccelse qualità e quando ha reso al meglio è dovuta stare sempre sotto pressione. In altre parole, tutto funziona se tutti sono al top della forma e corrono.
Anche se il fiato, già detto altre volte, rappresenta una base su cui costruire, poi servono anche un pizzico di tecnica e tattica per la fare la differenza: tutti infatti sono capaci di correre. Se il 3-4-3 non funzionava, il 3-5-2 oppure il 5-3-2 levano alla lunga anche la tecnica in qualche calciatore. Si veda Simeone, un mediano aggiunto e non lucido nei 16 metri da gol dal momento che non riesce più a sfruttare le soluzioni di vantaggio numerico proposte sulle corsie laterali dai “maratoneti”.
Tutto il mosaico tattico del Grifone, accompagnato dalle tante parole sui numeri dei moduli, è quasi sempre crollato per i troppi errori nelle zone del campo dove non si dovrebbe sbagliare. Contro la Doria troppo preoccupati i difensori e i centrocampisti e una punta a turno nel vincere i corpi a corpo per non subire con gli avversari in ogni zona di campo.
Era giusta l’idea di Mandorlini di far sfogare la Samp per attenderla e dopo colpirla, e tutti i tifosi genoani avevano pensato a questo genere di partita. Nessuno aveva però messo in previsione il rovescio della medaglia dei secondi 45’ di gioco.
Mandorlini non ha visto la fatica della squadra nel cuore del gioco e non ha fatto cambi nei primi 20’ per non perdere equilibri, come avrebbe poi dichiarato in conferenza stampa. Probabilmente quest’ultima sarà operazione che difficilmente ripeterà. Contro il Milan qualcosa bisognerà cambiare per cercare la via del gol.
Difendere e ripartire andrà bene come filosofia, ma si tenga conto che è strategia che si può adottare con qualsiasi modulo tattico. Può darsi che con i risultati di ieri sia giunto anche il momento di cambiare, a 10 giornate dalla fine del campionato, qualche protagonista buttando dentro forze fresche per far saltare gli equilibri avversari.
Si riparte per l’ennesima volta in questo campionato e starà all’intelligenza dello spogliatoio dimenticare subito il derby. Del resto tutto non può essere svanito in casa rossoblu e in qualche modo il pessimismo ha in parte inibito creativa e efficacia.
Già contro il Diavolo bisognerà mettere in condizione i solisti di giocare col collettivo seguendo una precisa organizzazione di gioco. Ci sarà la terza via? Tocca a Mandorlini ricercarla.
Urla nel silenzio dunque, ma non solo da parte dei giocatori o dello staff, bensì anche della società che non si sente da fine derby, malgrado lavori instancabilmente (e in silenzio) per il bene del Genoa.