L’urlo in gola al Vecchio Balordo e ai suoi tifosi, che hanno percorso altri mille chilometri per seguirlo, è stato soffocato da due arbitri internazionali: Di Bello in campo e Mariani al VAR.
Di Bello non ha diretto male, non ha utilizzato cartellini, si è “picchiato” con gli auricolari che non funzionavano, ma in occasione del calcio di rigore non concesso al 90′ – non fosse altro per rispetto della squadra più antica d’Italia, di una dirigenza, di un allenatore che non si sono mai lamentati, di una tifoseria – poteva fare anche finta di andare a rivedere le immagini al monitor.
Sulla prima potenziale massima punizione del primo tempo per un primo tocco sfiorato su colpo di testa di Sturaro e successivo colpo di gomito di Masiello (con le braccia dietro la schiena) su tiro di Gudmundsson non vi erano gli estremi della massima punizione: il fallo di mano implica un contatto volontario tra il braccio di un calciatore, il movimento del braccio verso il pallone, non del pallone in direzione del braccio.
Su Ekuban, consultando il monitor, gli estremi c’erano. La festa è rimandata a sabato prossimo, considerato anche come ha giocato il Bari contro il Cittadella senza larga parte degli ammoniti nella gara precedente con il Genoa.
Festeggiamento solo “rinviato” perché c’è questa aspirazione infinita da parte di Gilardino, dei suoi ragazzi, dei dirigenti. Molto si evince dalla gioia che c’è negli occhi di tutti coloro che sono sul prato verde alla fine di ogni gara, quelli che inseguono il sogno da 11 mesi.
Contro l’Ascoli, Breda porterà a Genova la squadra non certo per vedere la Lanterna. A 46 punti in classifica alla pari con Pisa e Reggina la formazione bianconera si gioca i playoff. Da parte di tutti non patire l’avvicinarsi della partita dentro e fuori dal campo. Il Genoa non deve fare calcoli: deve andare in campo per cercare di vincere.
In queste ultime tre giornate sarà difficile vincere per tutti, non solo per il Genoa. Mancano 270’ da giocare e saranno faticosi non solo fisicamente, ma anche psicologicamente. Per tutti e per tutte le squadre. In ogni caso, il Genoa e Gilardino vincono perché hanno fatto squadra e hanno creato un collettivo.
Gilardino e la sua band devono fare – e lo faranno – ancora dei punti perché il margine e la differenza rispetto a qualsiasi avversario si sono viste ogni partita. I punti arriveranno anche per la personalità della squadra, per un atteggiamento scelto con il tecnico, per l’essere coerenti nel metterlo in pratica nel girone di ritorno facendo sempre qualcosa d’importante al fine di restare sempre in alto in classifica, cercando la giusta mentalità per dare forza al sogno di tutti i Genoani, che saranno sempre riconoscenti.
La partita con il Sudtirol era preventivata tosta per l’identità acquisita dagli altoatesini dall’arrivo di Bisoli: una squadra compatta, non chiusa, che si difende in 25 metri. Squadra che nelle ultime due gare non ha fatto fare gol alle prime due della classifica. Il Genoa per larghi tratti ha dominato anche questa partita. È stata la gara in trasferta, oltre il palo colpito da Gudmundsson, dove ha sprecato più occasioni da gol.
Partita con il controllo del gioco per vantaggio territoriale, possesso pallone, superiorità tecnica di alcuni calciatori, ha mostrato un gioco collettivo più efficace pur giocando con un 3-5-2 per così dire incompleto sulle corsie laterali, senza nulla togliere a chi ha fatto gli esterni. Era un 3-5-2 che non aveva le caratteristiche date da Gilardino perché i calciatori sugli esterni erano più difensivi che offensivi.
Gilardino sarà criticato per la sostituzione di Coda nell’intervallo. A precisa domanda a fine gara, però, ha risposto senza nascondersi in un giro di parole e come sempre con schiettezza: “Ekuban poteva darci energia, qualche spunto in profondità quando ce la lasciavano, visto che è stata una gara dove ce ne hanno lasciata davvero poca. Massimo ha fatto bene, solamente avevo bisogno di ricercare un altro tipo d giocatore là davanti”.
Il calcio per il Vecchio Balordo è come la vita, è una questione di uomini e di cuore, di anime che vibreranno sabato prossimo riempiendo nuovamente il Tempio cercando di permettere al talento del Genoa di trarre forza dalle difficoltà avute contro tutti gli avversari e su tutti i campi. Ed è bene ribadirlo: senza mai l’aiuto di nessuno.