Genoa-Cagliari è stata il riepilogo di un girone di ritorno dove il possibile con le squadre alla portata del Grifone non è stato fatto, mentre l’impossibile contro quelle che si giocano la Champions sì. Adesso fino a ieri bisognava sperare in un miracolo e nei risultati degli altri.
Perciò, Vecchio Balordo, come disse San Francesco d’Assisi, inizia col fare ciò che è necessario in questa settimana che porta a Firenze pensando di essere da Serie A e non da retrocessione con la testa, poi Prandelli faccia ciò che è possibile con l’unica tattica per fare gol, l’unico fine del gioco che dovrà significare obiettivo e meta. E all’improvviso tutti potrebbero sorprendere e fare l’impossibile.
Come avrebbe detto Brera, a Prandelli manca il “bon de bola” davanti, bravo con il pallone e nel vedere e sentire la porta. E allora bisogna aiutarlo con l’unica strategia che ha fatto fare gol al Genoa, anche se i numeri contano nulla: con il trequartista alle spalle di due attaccanti. Oppure, non avendo centravanti di ruolo, anche se non è stato più di moda in questo campionato, provare a giocare con il falso nove.
Ma sono divagazioni dopo Genoa-Cagliari quelle scritte in precedenza perché da cronista viene difficile fare una lettura e analisi della gara senza pestare i piedi di chi ha lottato al 120% per fare risultato sul piano del cuore e della corsa, ma non del gioco.
Prandelli contro i sardi ha dato l’impressione di essere stato buggerato dal cambiamento tattico e di uomini di Maran, che per la prima volta in questa stagione non ha utilizzato il trequartista e il 4-3-1-2, schierandosi piuttosto con un 3-5-2 robusto in difesa e davanti.
Con l’avvento dei social e delle cliccate, le formazioni arrivano un’ora prima da parte delle società. Vista la formazione del Cagliari, si pensava che quella del Grifone potesse cambiare.
Prandelli invece ha continuato ad optare per quello detto in conferenza stampa il giorno prima: “inizieremo con calma e senza frenesia”. L’operazione pallone lungo e alto non ha dato risultati visto l’articolo “iL” tra i giocatori del Cagliari e gli attaccanti genoani (Pandev e Lapadula) che difficilmente sono riusciti a spizzicare il pallone. Le uniche due azioni da gol sono arrivate con Bessa e Pandev con palloni rasoterra. Il Genoa non può iniziare le partite con il braccino perché alla prima occasione a pallone scoperto la difesa va in crisi. Tutto è puntualmente successo con il gol di Pavoletti con Gunter in difficoltà e marcatura sbagliata, ma anche con fallo dell’ex neanche reclamato dal turco-tedesco e da parte dei compagni. Il Genoa doveva fare anche pressing più alto e non permettere le partenze da dietro a Klavan, Cacciatore e Pisacane che hanno tante qualità, ma non quello del palleggio.
Come in tante gare, sotto di un gol la strategia tattica è cambiata nella seconda parte e con il 4-3-1-2 qualche speranza di fare gol poteva starci. Perché non utilizzarla subito e dopo lasciare a Maran il compito di cambiare atteggiamento tattico? Il Genoa tutto cuore ha contribuito alla partita dei sardi infittendo di sé le retrovie avversarie e anche per mancanza di spazio si spiegano le occasioni non arrivate o mancate sotto misura.
Nell’intervallo Prandelli ha sacrificato Pereira, vituperato da molti a inizio gara, poi spiacenti dopo la buon prestazione di non averlo visto ritornare sul terreno di gioco. Non era meglio come nell’ultimo quart’ora d’ora spostare Radovanovic centrale di difesa a fare sportellate con il granatiere Cerri e togliere Gunter?
Genoa all’arrembaggio sotto la spinta della Nord nel secondo tempo. Tanti cross, calci di punizione dalla trequarti e undici cross che hanno fatto il solletico alla quadrata difesa sarda, che ci è andata a nozze.
I calci d’angolo di Veloso battuti tutti a parabola dentro l’area di rigore sarda hanno esaltato i lottatori sardi non ricchi di stile. Bisognava fare giocate corte, fare uscire la difesa isolana dall’area che marca rigorosamente a zona e dopo cercare di fregarla sul tempo: la fotocopia di tanti gol presi da Cragno e compagnia in questo campionato.
Il riassunto di quello scritto è che l’andamento della partita del Grifone è stato, se si può dire, freneticamente monotono, abusando dell’unico schema: pallone lungo e alto, mai una giocata o poche rasoterra. Il Genoa non è riuscito a vincere perché ha sbagliato partita e Maran è stato bravo a mettere in evidenza i suoi errori tattici comportandosi con molto animo in difesa, con brillante misura a centrocampo e in attacco.
Avesse perduto il Genoa sarebbe stata una beffa amara, atroce. Avesse vinto, di riffe o di raffe avremmo esaltato il suo cuore, la sua anima da grifoni, la sua rabbia agonistica ma non certo il gioco, quasi consapevoli dei nostri mezzi che non sono molti.
E adesso la speranza di rigore, il Genoa deve dimostrare di essere ancora vivo. Deve soffrire e finirla di fare il tifo per le altre squadre che incontreranno l’Empoli.
Adesso basta fare calcoli. La verità non è più nuda e nessuno la può vestire come gli pare. La verità del Vecchio Balordo è brutta, non ha una folla di adoratori, anzi…Perciò tutto si risolverà, pur vergognandosi del suicidio del Genoa da parte di tutti, solo con una vittoria a Firenze!